di Vittorio Delle Donne (Dirigente scolastico)

Lo scorso 30 dicembre il MIM ha pubblicato la nota prot. n. 2860 (d’ora in poi “Nota”), a firma del Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione, Stefano Versari, con cui viene fornito una sorta di bollettino nautico sull’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione.

Il ritorno al 2019

Come infatti chiarisce la stessa Nota, le informazioni date «non innovano il quadro normativo ma, più semplicemente, lo richiamano nei suoi caratteri generali per favorirne la conoscenza in particolare da parte degli studenti e delle loro famiglie».

L’intento sembra, dunque, proprio quello di accompagnare gli studenti, giunti in vista di «un passaggio sostanziale e simbolico nel processo di costruzione del proprio progetto di vita», nel loro viaggio di circumnavigazione dell’esame di Stato 2023, aiutandoli a «comprendere e razionalizzare il compito» che sono chiamati ad affrontare, così da evitare che si possano trovare, se non in serio pericolo, almeno in situazioni di perplessità.

Nell’esercizio della funzione legislativa conferitagli dalla Legge 107 del 13 luglio 2015, il Governo, con il Decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 62, capo III, ed i successivi decreti attuativi 26 novembre 2018, n. 769, e 18 gennaio 2019, n. 37, ridisegnava profondamento l’impostazione ormai ventennale dell’esame finale del secondo ciclo.

Una riforma bloccata dalla pandemia

Preceduta da una capillare azione di formazione e informazione dei docenti, l’esame di Stato riformato ebbe però solo il tempo di ricevere il suo primo interlocutorio battesimo al termine dell’anno scolastico 2018/2019, prima di venire bloccato nel suo rodaggio dall’arrivo improvviso e inaspettato della pandemia.

A partire dal 4 marzo 2020, giorno in cui il primo di una lunga serie di DPCM sospendeva a partire dall’indomani le attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, gli effetti collaterali della pandemia sull’istruzione sono stati infatti molteplici e profondi.

Alla ricerca di più o meno probabili adattamenti delle tradizionali modalità didattiche alle esigenze dettate dalla pandemia, non fece eccezione l’esame di Stato del secondo ciclo, le cui modalità di espletamento sono state negli ultimi tre anni assai diverse da quelle dettate dalla normativa ordinaria.

Nel quadro di un lento e graduale rientro nell’alveo della normalità, nel corrente anno scolastico l’esame di Stato tornerà all’organizzazione e alla configurazione previste dal D.lgs. 62/2017 e che, come abbiamo detto, hanno trovato applicazione solo nell’anno scolastico 2018/2019.

I requisiti d’accesso

Dei quattro requisiti di ammissione all’esame previsti dal D.lgs. 62/2017, gli obblighi di possesso di una votazione non inferiore a sei decimi nel comportamento e in ciascuna disciplina (fatta salva la facoltà del Consiglio di classe di ammettere, con giudizio motivato, lo studente anche in presenza di una sola insufficienza) e di frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale, saranno affiancati quest’anno per la prima volta dalla necessità dello svolgimento delle prove INVALSI (i cui risultati non avranno tuttavia alcuna ricaduta sugli esiti dell’esame).

La Nota prevede, invece, che neanche nel 2023 l’ammissione sarà subordinata alla frequenza dei percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento: le attività di PCTO hanno infatti molto risentito, soprattutto nei tecnici e nei professionali, degli effetti negativi della pandemia, che ha in alcuni casi pregiudicato il raggiungimento del target orario previsto.

Le prove scritte

Dopo che negli anni scolastici 2019/2020 e 2020/2021 erano state sostituite, nella funzione di accertamento del conseguimento del profilo culturale, educativo e professionale dello studente, dal solo colloquio, nell’esame di Stato 2022 le prove scritte previste dall’articolo 17 del D.lgs. 62/2017 sono state reintrodotte, seppure in maniera adattata alle circostanze.

La prima prova, di verifica della padronanza della lingua italiana e delle capacità espressive, logico-linguistiche e critiche degli studenti, comune a tutti gli indirizzi, ha mantenuto il suo carattere nazionale.

La seconda prova, invece, ha conservato solo in parte le caratteristiche assegnatele dal D.lgs. 62/2017: aveva forma scritta, grafica o scritto-grafica, pratica, compositivo/esecutiva musicale e coreutica e mirava ad accertare le conoscenze, abilità e competenze attese dal profilo educativo culturale e professionale della studentessa o dello studente dello specifico indirizzo.

Essa però aveva limitato il proprio oggetto ad una sola delle discipline caratterizzanti il corso di studio e, soprattutto, ha perso il suo carattere nazionale ed è stata elaborata localmente da tutti i docenti titolari della disciplina membri delle sottocommissioni presenti nella singola scuola.

Nell’esame 2023 la seconda prova tornerà ad avere per oggetto anche più discipline caratterizzanti il corso di studio e riacquisterà il suo carattere di prova nazionale. Come richiesto dal comma 7 dell’art. 17 del D.lgs. 62/2017, un decreto ministeriale individuerà, entro il mese di gennaio 2023, le discipline su cui essa verterà.

Una terza prova scritta è prevista solo per i casi particolari, rappresentati dalle sezioni ESABAC ed ESABAC techno ad opzione internazionale, dalle scuole della Valle d’Aosta, della Provincia autonoma di Bolzano e con lingua d’insegnamento slovena.

La seconda prova nell’istruzione professionale

Per la seconda prova dei percorsi dell’istruzione professionali, interessati dalla revisione disciplinata dal D.lgs. 13 aprile 2017, n. 61, la Nota rinvia a successive specifiche disposizioni.

In base al comma 8, dell’art. 17 del D.lgs. 62/2017, nei percorsi dell’istruzione professionale la seconda prova si compone attualmente di due parti giustapposte: la prima predisposta dal Ministero, la seconda dalla Commissione d’esame. La riforma, che giunge a regime nel corrente anno scolastico 2022/2023, con il primo esame delle classi quinte di nuovo ordinamento, impone tuttavia un profondo ripensamento di queste modalità operative.

Il nuovo assetto dell’istruzione professionale prevede infatti che le istituzioni scolastiche, concepite come laboratori di ricerca, sperimentazione e innovazione didattica, godano di ampia libertà nella costruzione dei propri percorsi, tenendo fermo il rispetto del profilo d’uscita associato a ciascuno indirizzo, delle richieste degli studenti e delle loro famiglie, del raccordo con il mondo del lavoro e delle professioni e delle priorità indicate dalle regioni.

I quadri orari (Allegato 3 al DM 24 maggio 2018, n. 92) lasciano grande autonomia nell’aggregazione delle discipline all’interno degli assi culturali: in molti indirizzi il monte ore di alcune discipline caratterizzanti può essere anche pari a 0; mentre in altri casi, la medesima disciplina è affidata nei diversi percorsi a classi di concorso differenti.

Nuclei tematici e discipline

I nuclei tematici fondamentali, che il D.lgs. 62/2017 collega alle «singole discipline», vanno quindi correlati ora alle dodici competenze di riferimento comuni a tutti gli indirizzi (Allegato 1 al DM 92/2018) e, per ciascun indirizzo, alle competenze di uscita e alla loro declinazione in abilità e conoscenze disciplinari (Allegato 2 al DM 92/2018).

Da qui, la necessità per i nuovi undici indirizzi professionali di sostituire con nuovi quadri di riferimento e griglie di valutazione della seconda prova scritta dell’esame di Stato (allegati da A ad M del D.M. 15 giugno 2022, n. 164) quelli previsti dall’Allegato B del D.M. 769/2018.

Come chiarito infatti dalla nota MI, 19 settembre 2022, prot. n. 23988, «occorre passare dalla giustapposizione delle due “parti” della prova alla loro integrazione, in quanto la parte nazionale della prova non sarà più concepita in relazione ad articolazioni, opzioni, “curvature” (che nel nuovo ordinamento non esistono più), ma dovrà riferirsi all’indirizzo e nel contempo prestarsi a essere declinata in relazione a percorsi diversi».

Si tratta di un passaggio non facile, su cui il Ministero intende quindi fornire indicazioni più puntuali.

Il colloquio pluridisciplinare

Dopo che negli scorsi anni, per sopperire alla mancanza delle prove scritte, si era ampliato a comprendere la discussione del breve testo di lingua e letteratura italiana e del controverso elaborato concernente le discipline caratterizzanti, il  colloquio torna ad avere le finalità previste dal D.lgs. 62/2017: una prova in cui il candidato dimostra, in una prospettiva multi e interdisciplinare, di aver acquisito i contenuti e i metodi propri delle singole discipline e di essere in grado, in maniera autonoma, di utilizzare e mettere in relazione tra loro le conoscenze apprese, argomentando in maniera critica e personale, anche in lingua straniera; di saper analizzare criticamente, collegandole al percorso di studi seguito, le esperienze complessivamente maturate nei PCTO; di aver maturato le competenze e le conoscenze previste dalle attività di Educazione civica (in realtà il D.lgs. 62/2017, art. 12, c. 3, parla ancora di Cittadinanza e Costituzione e, art. 17, c. 9, di alternanza scuola-lavoro).

Come disposto dal D.M. 18 gennaio 2019, n. 37, esso prende l’avvio dall’analisi del materiale proposto dalla sottocommissione, attinente alle Indicazioni nazionali per i Licei e alle Linee guida per gli Istituti tecnici e professionali e finalizzato a favorire la trattazione dei nodi concettuali caratterizzanti le diverse discipline e del loro rapporto interdisciplinare.

La valenza orientativa del colloquio

La Nota, facendo cenno alle Linee guida per l’orientamento firmate pochi giorni prima dal Ministro Valditara, sottolinea la valenza orientativa del colloquio «che, nella sua dimensione pluridisciplinare, consentirà a ciascun candidato di approfondire aspetti delle aree disciplinari a lui più congeniali». Richiamando implicitamente quanto previsto dal comma 30 della legge 107/2015, il Ministro ricorda come la Commissione nel corso del suo svolgimento debba tenere conto delle informazioni contenute nel Curriculum dello studente, in cui sono raccolte le esperienze formative maturate dal candidato nella scuola e in contesti non formali e informali.

Anche nella parte del colloquio dedicata ai PCTO, il candidato potrà del resto evidenziare le competenze acquisite grazie ad essi anche in prospettiva del proprio personale progetto di vita culturale e professionale.

L’auspicio è che, quale eredità positiva del trascorso triennio, venga accantonata definitivamente la procedura del sorteggio del materiale con cui avviare il colloquio, a favore di una scelta mirata, effettuata dalla Commissione tenendo conto del personale percorso di apprendimento compiuto dal candidato, così come esso emerge dal suo Curriculum.

La griglia di valutazione del colloquio

Altro retaggio utile degli ultimi anni potrebbe essere quello di una griglia di valutazione del colloquio stabilita per decreto. Molte sono state le polemiche che negli ultimi due anni, all’indomani della pubblicazione da parte del Ministero dell’Istruzione dei dati preliminari sui risultati degli esami, hanno visto affrontarsi un Sud prodigo di cento e di lodi e un Nord più severo ma giusto. Per quanto, a differenza di quelle delle prove scritte, la griglia non sia richiesta dalla normativa, potrebbe tuttavia essere utile disporre di uno strumento che, lungi dal garantire l’uniformità delle valutazioni sul territorio nazionale consenta tuttavia di assicurare un minimo di concordia nei criteri utilizzati dalle Commissioni d’esame, ancorando quanto meno l’attribuzione dei punteggi a determinate conoscenze, abilità e competenze.

Il voto d’esame

La ripartizione dei cento punti, che costituiscono la votazione massima conseguibile all’esito dell’esame, torna ad essere quella prevista dal D.lgs. 62/2017: quaranta punti massimo al credito scolastico e venti punti massimo per ciascuna delle due prove scritte e per il colloquio.

Mentre non esiste alcun punteggio minimo per la singola prova, il punteggio minimo complessivo per superare l’esame di Stato è di sessanta centesimi.

La Commissione d’esame può motivatamente integrare il punteggio fino a un massimo di cinque punti, se il candidato abbia però ottenuto un credito scolastico di almeno trenta punti e un risultato complessivo nelle prove d’esame pari almeno a cinquanta punti.

La composizione delle Commissioni

Anche la composizione delle Commissioni tornerà ad essere quella stabilita dal D.lgs. 62/2017 (art. 16): presso le istituzioni scolastiche statali e paritarie sedi di esami ci sarà una Commissione d’esame ogni due classi, presieduta da un presidente esterno all’istituzione scolastica e composta da tre membri esterni e per ciascuna delle due classi da tre membri interni.