I ruoli di genere nella cultura occidentale

di Elisabetta Patruno

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L’identità di genere, maschile o femminile, è una costruzione identitaria dai percorsi molto vari. Si tratta di un processo che ha origine nella primissima infanzia e prosegue per tutta la vita assumendo stabilità solo nell’epoca post-adolescenziale. Durante l’adolescenza, infatti, la questione identitaria è percepita come definizione del Sé e dell’immagine di sé. La consapevolezza di se stessi in questo periodo assume anche carattere sessuato in senso stretto e l’individuo in questa evoluzione è sorretto da sistemi e gerarchie sociali di tipo collettivo, che lo spingono a definire aspettative relative all’essere maschio o all’essere femmina, entro determinati confini storico-culturali e psico-sociali.                                       Non si tratta dunque  esclusivamente di un concetto meramente biologico, ma l’identità di genere riguarda strettamente aspettative di ruolo maschili o femminili determinati entro una specifica cultura (si pensi ad esempio, a quelle pratiche che genitori e parenti mettono in atto ancor prima che il bambino o la bambina nasca, attraverso l’acquisto di giochi, vestitini o l’allestimento della stanza con dei colori o delle forme considerate ad hoc per ciascun genere), che presenta sostanziali differenze di base tra maschi e femmine. Si potrebbe sintetizzare affermando che l’identità di genere rappresenta una costellazione di elementi che raccolgono in sé aspetti psicologici, interessi, valori e attitudini che sono associati in maniera univoca ad un sesso in base alle aspettative, ai ruoli e alle norme culturali di riferimento che ruotano attorno a quelle caratteristiche sessuate.

 Le influenze sociali degli stereotipi culturalmente sono osservabili nei bambini in tenera età, tra i due e i tre anni. Sono molti gli studi che hanno evidenziato come i bambini in questa fase siano in grado di compiere attribuzioni stereotipiche quando viene loro chiesto quali attività sono più propensi a fare maschi e femmine( i maschi sono più adatti a giocare a calcio, a guidare la macchina, a lavorare fuori casa; le femmine sono più adatte a cucinare, a cucire, a fare acquisti). Tutto questo prima ancora che venga acquisita la capacità di discriminazione genitale. Inoltre nell’imitazione (un meccanismo fondamentale nello sviluppo del comportamento di genere) il bambino, osservando il mondo adulto che lo circonda e i propri coetanei, è incoraggiato a prestare attenzione selettiva agli individui dello stesso sesso adottando un modello di comportamento emulativo nei loro confronti. Ai processi di rinforzo e di imitazione, l’approccio cognitivo aiuta l’individuo a non ricevere passivamente le informazioni dall’esterno, ma ad integrarle e interpretarle in maniera attiva applicandole selettivamente al comportamento personale. La cultura di appartenenza e i relativi processi di socializzazione svolgono un ruolo fondamentale nell’orientare la scelta di modelli sociali e culturali considerati in linea con il genere di appartenenza. Lo sviluppo dell’identità è condizionato fortemente anche dallo sviluppo affettivo e relazionale, pertanto necessita di una spinta pedagogica. La costruzione della propria identità corrisponde in larga misura al processo formativo dell’individuo e basandosi fortemente su una relazione tra individui, queste relazioni avranno un carattere ancor più significativo a seconda del livello di consapevolezza e autonomia delle persone implicate. È inevitabile un riferimento agli stereotipi di genere e alla cultura del pregiudizio che caratterizzano ogni singola società e in molti casi entrano prepotentemente nel merito di quegli stessi processi di costruzione identitaria personale. Sostanzialmente, nella costruzione della propria identità e nello sviluppo di momenti critici di tale costruzione, gli stereotipi di genere e la cultura del pregiudizio hanno un peso non indifferente( basti pensare “alle disuguaglianze dovute all’etnia o alla classe sociale di appartenenza”- Lezione 63). “In conclusione abituandoci agli stereotipi di genere attraverso la socializzazione e poi contribuendo a riprodurli attraverso la “costruzione dell’identità di genere” nella vita quotidiana, noi partecipiamo al processo di strutturazione del genere come fenomeno sociale. Questa struttura riflette le differenze di potere esistenti tra uomini e donne”(Lezione 63) che nelle aspettative culturali occidentali stanno cambiando. Essere maschi o femmine  oggi sta assumendo caratteristiche nuove e questo cambiamento sociale deve poter offrire lo spazio per una revisione di quella che è l’idea della mascolinità e della femminilità. Si tratta di prendere atto che essere donna, eterosessuale, casalinga e mamma non è l’unica possibilità e che, dall’altro lato, essere uomo, eterosessuale, lavoratore autonomo o dipendente e padre non è l’unica possibilità di vivere una vita piena e consapevole. Esistono una serie di forme alternative, apparentemente nuove, anche se da sempre esistenti, per dare spazio ad una costruzione identitaria soddisfacente. Dare spazio ad una cultura delle differenze in tutti i contesti, in particolare in ambito educativo, offre la possibilità di rivedere il concetto di categoria e i relativi giudizi di valore. Categorizzare, inteso come dar nome alle cose, non è un problema in sé. Il problema risiede nel fatto che a partire da queste categorie si possa incorrere nel rischio di strutturare, cosa che è purtroppo già accaduta nella storia e tutt’oggi accade, una società basata sul pregiudizio e sulla discriminazione. Questo tipo di società implica una serie di ricadute sui processi di costruzione dell’identità di genere e sessuale, coinvolgendo tutti gli attori sociali e non solo alcune categorie. Si tratta di un problema del singolo che si realizza a livello socio-culturale e, pertanto, va tenuto strettamente in considerazione, non soltanto dai professionisti del settore, ma da chiunque entri in relazione più o meno diretta con bambini, pre-adolescenti ed adolescenti.

di PATRUNO ELISABETTA