di Elisabetta Patruno

La società nella quale stiamo vivendo è sempre più diversificata, la multietnicità e la globalizzazione richiedono chiarezza, essenzialità e soprattutto regole a cui attenersi. Il profondo disagio manifestato dalle ultime generazioni nei confronti di una società alienante, liquida (Z. Bauman), senza punti di riferimento culturali, valoriali, economici, lavorativi,  crea infatti profondo disagio e gap tra le passate e le nuove generazioni.

Tale disagio si manifesta già in giovane età e la scuola, come la famiglia, sono i luoghi entro i quali il malessere si evince. Risulta dunque necessario rispondere alla sfida educativa che chiama in causa genitori, docenti e altri adulti per promuovere e costruire uno “spazio d’azione” nel quale creare benessere con se stessi e con gli altri.

 Acquisire abilità di ascolto, capacità di lettura del disagio dei ragazzi/figli, fermarsi a guardarli, richiedono da parte degli adulti, capacità di “empatia intellettiva”, di comunicazione tempestiva ed efficace, di uso di strategie motivazionali. Educazione scolastica ed educazione genitoriale: un connubio autenticamente valido per promuovere lo sviluppo umano nella sua globalità, per facilitare lo sviluppo affettivo, cognitivo e sociale e per prevenire la molteplicità dei problemi che investono le famiglie contemporanee.

Va subito detto però che educare e nuove generazioni, nella complessa epoca che stiamo attraversando, richiede non tanto e non solo di accompagnare i genitori, quanto di costruire le condizioni perché essi possano svolgere quel “ruolo unico e fondamentale” contribuendo positivamente alla crescita dei figli e quindi di pensare e agire in termini di co-educazione con le famiglie.

Per crescere una buona pianta, ci ha spiegato la bioecologia dello sviluppo umano di Bronfenbrenner, non basta un buon seme, ci vuole un buon giardiniere, un buon clima, una corretta esposizione alla luce, una buona qualità dell’aria e del suolo, che sono, a loro volta, condizioni che partono da molto lontano. Ne consegue che la questione di fondo dell’Educare per formare (Educazione per la Famiglia) non è solo quella di accompagnare i genitori a “ben educare” i propri figli, ma di come costruire nuovi territori di esperienza, comunità educanti entro le quali generare le condizioni necessarie affinché i genitori possano esercitare al meglio il loro ruolo.

Quali nuovi approcci sono necessari per fare spazio ai genitori nelle aree della educazione?

Le grandi aree di intervento dell’Educazione Familiare ruotano intorno alle “tre P”, che si basano sul concetto di Promozione (promozione di condizioni idonee alla crescita di ogni bambino), Prevenzione (precocemente su problemi che un determinato segmento di popolazione già manifesta e che possono impattare con intensità e effetti diversi sullo sviluppo dei ragazzi), e Protezione proteggere la salute e soprattutto la sicurezza dei bambini in situazione preoccupante tramite interventi intensivi).

Alla luce di tali considerazioni, altra azione rilevante è quella di difendere, e in alcuni casi ricostruire, una rete sociale che possa rompere il muro di individualismo e autoreferenzialità attraverso il confronto, la comunicazione, la condivisione. Le azioni educative, finalizzate a sostenere l’esercizio del ruolo genitoriale, possono essere orientate dal doppio proposito di stimolare i soggetti sul piano informativo (sui temi riguardanti le problematiche specifiche che si trovano ad affrontare in un determinato momento storico) e di sostenere in loro la capacità di comprendere e correggere gli errori, confrontandosi in una dimensione di gruppo.

 Ben vengano, dunque, tutte le occasioni di apprendimento e confronto su temi specifici (il ruolo genitoriale, la gestione delle emozioni, la collaborazione tra scuola e famiglia, la conoscenza delle problematiche adolescenziali, l’uso delle life skills) ma anche la possibilità di acquisire strumenti e risorse operative per affrontare temi come: stabilire le regole del funzionamento familiare, gestire le dinamiche di imposizione e negoziazione, assumere atteggiamenti coerenti e rispettare gli impegni assunti, responsabilizzare, rendere autonomi i figli.

 Il concetto di empowerment ben sintetizza l’ipotesi educativa appena espressa: educare per formare uomini liberi e cittadini consapevoli. Genitori come “compagni di viaggio”(Papa Francesco). L’educatore è definito da Francesco come un compagno di strada del ragazzo nella ricerca della verità, gliela fa sperimentare come bella e attraente; il giovane si fida di lui perché lo vede sereno e gioioso e perché sa dare ragione, con la testimonianza della sua vita, del valore di ciò che insegna.

Mansuetudine, capacità di ascolto e di dialogo costituiscono tre doti indispensabili a ogni educatore; esse, insieme alla gioia e all’ottimismo, devono caratterizzare, per Papa Francesco, il modo di essere di chi svolge dei compiti educativi o formativi ed è perciò proiettato sulle esigenze degli altri. Il bene tende sempre a comunicarsi. Comunicandolo, il bene attecchisce e si sviluppa. E’ ripetuto dal Santo Padre l’invito ai genitori a essere saldi nella speranza, a riprendere sempre il cammino, a non rassegnarsi di fronte alle difficoltà e agli insuccessi apparenti o reali ma pur sempre non definitivi. Educare è un atto di speranza.

L’articolo è al link http://www.luigimartano.it/la-rivista/magic-e-school-2020/febbraio-2020/219-il-connubio-tra-educazione-scolastica-ed-educazione-genitoriale.html