di Elisabetta Patruno

La psicologia dell’età evolutiva è una scienza che studia la crescita del bambino, dalla sua nascita fino al periodo dell’adolescenza. I cambiamenti, che il bambino ha nel corso della sua crescita, sono scanditi da ritmi e fasi ben definiti dove i più importanti e significativi li vediamo concentrati nei primi anni di vita. In ogni periodo evolutivo il bambino riesce ad acquisire determinate conoscenze e differenti capacità. I periodi che vengono classificati e ben distinti dalla psicologia dell’età evolutiva sono 4. Queste fasi, vengono generalmente definite come dei macroperiodi che il bambino affronta nel suo percorso di crescita e di sviluppo. Questi periodi sono:

  • periodo della prima infanzia
  • periodo della seconda infanzia
  • periodo della latenza
  • periodo della preadolescenza e adolescenza

Un contributo decisivo è stato qui dato dallo psicologo svizzero J. Piaget le cui ricerche si sono sviluppate per oltre un cinquantennio in modo assai sistematico e hanno caratterizzato la “scuola di Ginevra”. Esse hanno permesso d’identificare, fra i 12 e i 18 mesi, la fase dell’intelligenza percettivo-motoria; la fase dell’intelligenza intuitiva, preoperatoria, fra i 2 e i 6 anni (il bambino si serve ormai anche d’immagini mentali, ma non giunge con facilità a “operare su di esse”; si lascia cioè portare dal flusso delle rappresentazioni ciascuna delle quali ne evoca altre, senza riuscire a dirigerne il corso, a coordinarle, a tenerne contemporaneamente presenti alla mente più di una); la fase del pensiero operatorio concreto, fra i 7 e gli 11-12 anni (il bambino giunge a porre attivamente in rapporto i contenuti di più esperienze e perviene così a certe nozioni spaziali, fisiche, temporali, logiche o numeriche che presuppongono tale coordinamento: si pensi per es. alle nozioni di “misura”, o di “causa”, o di “frazione”; o al disegno della figura umana o di un paesaggio in cui occorre, mentre si disegna un elemento, tener conto di quelli già disegnati, per rispettare le proporzioni, evitando le incongruenze e deformazioni largamente presenti al livello precedente). Vi è, infine, la fase del pensiero ipotetico- deduttivo, che si dispiega durante la preadolescenza ed è caratterizzato dalla capacità di sviluppare un ragionamento non più solo coordinando aspetti della realtà direttamente constatati, bensì anche partendo da situazioni puramente possibili. Con lo sviluppo delle strutture intellettuali si ha anche un’organizzazione della vita mentale in diversi “livelli di realtà”. Mentre un bambino molto piccolo non giunge a distinguere nettamente fra realtà e fantasia, così come fra mondo fisico e mondo soggettivo (realismo infantile), un ragazzo di 8 o 9 anni distingue ormai con chiarezza i fatti che si collocano al livello della realtà e quelli che sono invece il contenuto di fantasticherie o di desideri; e un preadolescente diviene infine sensibile anche alle diverse gradazioni del carattere di realtà-irrealtà degli eventi (dai fatti assolutamente certi a quelli quasi-certi, o altamente probabili, o poco probabili ma pur sempre possibili, a quelli infine che possono avere esistenza solo sul piano del pensiero). In rapporto con l’articolazione della vita mentale in diversi piani di realtà si viene attuando anche lo sviluppo emotivo, di cui pure sono state identificate le fasi. Mentre il bambino molto piccolo non giunge a dominare le tensioni che si creano in lui (desideri, impulsi di collera, paure, dolore) e dà ad esse immediato sfogo motorio con azioni aggressive, fuga, o pianto, bambini più grandi divengono capaci di tenere conto degli effetti vicini o lontani che sul piano della realtà possono avere questi comportamenti (mutamento stabile dell’atteggiamento degli altri nei loro confronti, perdita di occasioni favorevoli, ecc.) e pertanto divengono anche capaci di controllare le tensioni emotive, d’incanalarne l’energia in direzioni utili, o socialmente accettabili. Questa capacità si rafforza nella preadolescenza e nell’adolescenza, quando con l’estensione temporale verso il futuro del “piano di realtà” un ragazzo comincia a tener veramente conto, nelle sue scelte quotidiane, anche di eventi che si verificheranno solo parecchi anni dopo, ma vanno preparati o evitati per tempo (questa consapevolezza dei vari effetti lontani delle decisioni prese giorno per giorno può rendere più complesse e difficili le scelte, suscitando nell’adolescente tensioni emotive e situazioni conflittuali anche piuttosto intense). Da non dimenticare che l’individuo è un organismo complesso, perché è il risultato dell’interazione tra competenze e ambiente e lo sviluppo si caratterizza da una serie di appuntamenti evolutivi comuni a tutti con una variabilità interindividuale e intra-individuale che non è indicativa di disturbo, ma che può dipendere da fattori o individuali o ambientali. Conoscere lo sviluppo tipico significa essere consapevoli delle differenze tra gli individui, che esistono strategie per risolvere problemi, che le fasi possono variare e non deve essere motivo di allarme, che è necessario distinguere lievi difficoltà dalle emergenze e che per conoscere i disturbi dello sviluppo sono necessari specifici strumenti. Un bambino di 8 anni con uno sviluppo tipico, secondo Piajet (stadio operatorio-concreto) espande la sua capacità logica; è in grado di compiere manipolazioni mentali e fisiche. Possiede un pensiero reversibile e flessibile (ad ogni operazione ne corrisponde una inversa, ad esempio: strada per casa-scuola/scuola-casa), è in grado di coordinare due azioni successive; di prendere coscienza che un’azione resta invariata, anche se ripetuta; di passare da una modalità di pensiero analogico a una di tipo induttivo; di giungere ad uno stesso punto di arrivo partendo da due vie diverse. Non commetterà più gli errori della fase precedente. Permettere loro di ragionare in termini astratti, di formulare ipotesi, concetti e conoscenze, attraverso il gioco sarebbe efficace per  coinvolgerli in giochi utili . Il gioco è fondamentale perché è il modo in cui i bimbi conoscono il mondo e crescono. Non è qualcosa che riempie dei vuoti tra un’attività e l’altra, ma è l’attività per eccellenza che loro utilizzano per scoprire tutto ciò che li circonda. Fino ai tre anni di vita, i bambini non sanno giocare insieme. Stanno vicini, sembra che interagiscano ma non è così: fanno la stessa attività uno di fianco all’altro e al massimo si scambiano degli oggetti in quello che si definisce un gioco in parallelo. L’interazione comincia poi alla scuola materna e si sviluppa ulteriormente alle elementari. Più i bambini crescono, più i giochi diventano importanti e strutturati; all’inizio stanno vicini agli altri bambini, poi giocano insieme e, infine, cominciano a giocare in gruppo. Quest’ultima tappa è particolarmente importante a livello evolutivo: i giochi di gruppo iniziano alle elementari perché è il momento in cui i piccoli hanno imparato a socializzare e a interiorizzare una serie di regole sociali che a tre anni non possono avere. Iniziano dunque a provare piacere a fare giochi sempre più articolati insieme agli altri bambini, ma per farlo devono essere in grado di pensare e rispettare le regole. Tra gli 8 e i 10 anni bambini e bambine hanno chiaro cosa gli piace e cosa non gli piace, si sentono grandi e considerano molti giochi e giocattoli ormai come cose “da piccoli”. Hanno ormai una buona abilità manuale ,sanno rimanere concentrati abbastanza a lungo, rispettano il turno nei giochi e sono capaci di comprendere table-games con regole più complesse e che richiedono di formulare una strategia.

GIOCHI, LIBRI, FILM

  • giochi di movimento sono utili per aiutare i bambini ad acquisire competenze scolastiche fondamentali per l’apprendimento (orientamento spaziale, attenzione, coordinazione);
  • pensiero computazionale o Coding/BOBOTO per insegnare ai bambini a programmare e per abituarli anche a risolvere semplici problemi, giocando;
  • Uso didattico del cruciverba per imparare numeri e tabelline, eseguire semplici calcoli, esercitarsi nella scrittura e nella lettura, arricchire il lessico, identificare e superare le difficoltà ortografiche, apprendere nozioni grammaticali, fissare concetti, regole, definizioni, analizzare e sintetizzare argomenti di studio, smontare e rimontare testi, costruire mappe concettuali; per attività di animazione alla lettura e per esercitazioni di scrittura creativa; può essere utilizzato, infine, per attività socializzazione e di conoscenza di sé e degli altri ;
  • giochi digitali per attività di apprendimento o di recupero/potenziamento di specifiche abilità. Per quanto riguarda le caratteristiche dei giochi utilizzati/utilizzabili, il panorama è piuttosto ampio: diverse sono le tipologie (di simulazione, di ruolo, di avventura, di logica, ecc. …) e diverse sono anche le strategie di gioco che essi adottano (esplorazione/navigazione libera, domande e risposte, costruzione di ambienti/percorsi/oggetti ecc.). Nell’individuare le potenzialità dei giochi per scopi educativi, la maggior parte degli studi sottolinea il loro ruolo nel motivare gli studenti e nell’ampliare le loro capacità di esplorazione, immaginazione e riflessione. MINECRAFT, SCRATCH,LEGO.

LIBRI

La lettura aiuta a crescere e offre molti stimoli per sviluppare l’immaginazione, l’attenzione e il linguaggio. Per i bambini di 8 anni la lettura passa gradatamente da lettura ad alta voce a lettura autonoma. I libri diventano uno strumento di studio, ma sono tesori di curiosità e divertimento. Ci sono storie che fanno ridere, storie per appassionarsi alla geografia o alla fantasia.

  • Il Piccolo Principe, di Antoine de Saint-Exupéry (il ruolo delle emozioni);
  • Mappe, di Aleksandra Mizielinska e Daniel Mizielinski  (un atlante che farà scoprire gli angoli più curiosi della Terra ma soprattutto stupirà per le sue incredibili tavole a colori. Le grandi mappe sapientemente illustrate guideranno i bambini attraverso i Paesi dei sei continenti. La scoperta);
  • Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare (La diversità e l’accettazione dell’altro).

FILM

  • BELLE & SEBASTIEN – AMICI PER SEMPRE . Sebastien è cresciuto, ha 12 anni e con Belle sono ancora inseparabili, anzi la famiglia si è allargata con l’arrivo di tre splendidi cuccioli. Una sera a casa del nonno ascolta una conversazione tra Pierre, suo padre ed Angelina, da poco sposi, scoprendo le loro intenzioni di trasferirsi presto in Canada. Sebastien è amareggiato. Non vuole lasciare il nonno che invece lo sprona a scoprire il mondo. La situazione si complica con l’arrivo di un presunto proprietario di Belle che vuole portargliela via, ma Sebastien farà di tutto per non separarsi dalla sua migliore amica a quattro zampe.