di Elisabetta Patruno

“Il deficit della teoria della mente nell’autismo” di Luigia Camaioni

L’articolo “Il deficit della teoria della mente nell’autismo” di Luigia Camaioni è tratto dal periodico Psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza. In esso viene illustrata, nella prima parte,  la teoria della mente come l’abilità di comprendere gli stati interni altrui. È una competenza di tipo sociale e comunicativo e si sviluppa durante l’infanzia come la capacità di attribuire stati interni, conoscenze, desideri e credenze agli altri (in modo più o meno preciso e più o meno in profondità). Per alcuni si tratta di un’abilità di tipo psicologica che si differenzia da quella scientifica e che quindi potremmo essere definita psicologia del senso comune. Nella seconda parte dell’articolo invece, si affrontano gli aspetti tipici della patologia autistica, in assenza o grave compromissione della teoria della mente. Nello studio teorico dello sviluppo della mente si afferma che un individuo possiede una teoria della mente se è capace di attribuire stati mentali a se stesso e agli altri e di prevedere un comportamento sulla base di tali stati mentali.  Gli stati mentali possono essere di natura emotivo-affettiva (paura, tristezza, rabbia) e di natura cognitivo-epistemica (desideri, credenze, pensieri, intenzioni, opinioni). Entrambi fanno parte del mondo interno in cui si muove il bambino.

Secondo Wellman il desiderio è uno stato mentale più semplice della credenza. I bambini di due anni possiedono una psicologia del desiderio che interpreta le azioni sulla base dei desideri e spiega le reazioni emotive al fatto che i desideri siano o meno soddisfatti. Verso i tre anni i bambini padroneggiano una psicologia della credenza-desiderio, grazie alla quale sono in grado di prevedere che le azioni di una persona saranno guidate non solo da desideri, ma anche da credenze (che possono essere vere o false).  Invece all’età di quattro anni i bambini con sviluppo tipico, in genere, dimostrano la capacità di usare il concetto di credenza nell’anticipare e comprendere le azioni delle altre persone. Secondo l’esperta di ToM, Luigia Camaioni, i precursori della Teoria della mente, si ritrovano nella primissima infanzia. Infatti, i bambini tra il primo e il secondo anno di vita riescono a stabilire una comunicazione intenzionale e questa attitudine sociale presuppone la consapevolezza che gli altri sono diversi e di conseguenza hanno attitudini e stati mentali propri ; attraverso il gioco il bambino fa finta e quindi si mette nei panni riconoscendo di conseguenza il punto di vista degli altri. Inoltre, dal secondo anno di vita il bambino presenta un lessico del mondo interno chiamato lessico psicologico-mentale che per i ricercatori rappresenta una finestra privilegiata per studiare la ToM. E’ il lessico che il bambino utilizza per indicare gli stati interni e può essere di natura emotiva-affettiva (nei bambini di età inferiore ai due anni), cognitiva (nei bambini dai due ai tre anni) o volitiva (nei bambini di uno-due anni). I risultati dimostrano che fino ai 7-8 anni i bambini non sono in grado di comprendere pienamente le false credenze di ordine superiore, anche se, con metodologie più semplificate, la soglia di comprensione delle credenze di secondo ordine si situa intorno ai 5-6 anni. Avere una capacità di ToM permette al bambino di migliorare ed espandere le sue competenze sociali e, di conseguenza, di creare rapporti sociali e di amicizia che tendono a evolversi con la crescita. In ogni caso, i bambini di due anni avranno dei comportamenti sociali diversi da quelli di 8 anni e, quest’ultimi, diversi da un adolescente e da un adulto.

Un uso più consapevole del linguaggio fa superare prove di ToM. Lo sviluppo di capacità di Tom non si conclude con la risoluzione di compiti di falsa credenza, ma prosegue con la comprensione e decodifica di compiti più complessi (compiti di falsa credenza di secondo ordine) . Nei primi due anni il bambino avrà dei rapporti con i pari, ma questi saranno di tipo unidirezionale, successivamente (entro i 4 anni) le attività appaiono maggiormente svolte in cooperazione. A partire dai 4-5 anni i bambini iniziano, quindi, a scegliere nel gruppo dei pari i bambini con cui trascorrere il tempo e, successivamente, sono in grado di distinguere tra un semplice compagno di classe e un amico. Venendo alla realtà dei bambini con autismo, l’ipotesi di base è che la maggior parte mostra un ritardo grave e persistente nell’acquisizione della teoria della mente: la mancanza nel secondo anno di vita delle attività di indicazione protodichiarativa (sguardo referenziale e gesti deittici) e di attenzione condivisa, la mancanza del gioco di finzione sono indicatori informativi di un possibile decorso autistico. Per Baron-Cohen i bambini autistici non sono in grado di attribuire stati mentali agli altri. Perché? Diverse le motivazioni, perchè

 — Mancano di capacità meta-rappresentazionale, quindi non hanno il gioco di finzione ;

— sono incapaci di comprendere e rispondere alle emozioni degli altri;

 — rilevano deficit nell’attenzione condivisa ;

— hanno gesto di indicare richiestivo (basato per lo più sul contatto), ma non quello protodichiarativo.

Tra le anomalie sociali caratteristiche dell’autismo vi è la teoria della “cecità della mente”, tendenzialmente i bambini autistici tendono a non seguire la linea dello sguardo dell’adulto e a non guardare alternativamente l’adulto ed un oggetto interessante. L’impianto empirico-sperimentale e la speculazione teorica che è derivata dall’ipotesi di una cecità della mente nel bambino autistico, ha portato all’elaborazione di un modello esplicativo ampio ed articolato (il deficit della teoria della mente spiega molto bene la triade dei disturbi nelle relazioni sociali, ossia i Disturbi di Wing, nel gioco di comunicazione e finzione). Parte dei ragazzi con Disturbi Specifici dell’Apprendimento, alla triade di Wing, mostrano comportamenti ripetitivi. Tra le anomalie dell’autismo troviamo un’abilità nel poter chiedere oggetti di bisogno ad esempio quotidiano, anche con insistenza e deficit sia dello sviluppo comunicativo che delle abilità di attenzione condivisa (linea di sguardo o volto dell’adulto o oggetto). I risultati di numerose ricerche affermano come i bambini affetti da autismo comprendano molto bene, mentre le prestazioni calano quando si tratta di comprendere le diverse credenze delle persone. In conclusione il paradigma della falsa credenza e il modello della teoria della mente hanno fornito a questo campo una potente lente attraverso la quale esaminare la natura dell’autismo.