di Maria Teresa STANCARONE (Dirigente scolastico, esperta di processi organizzativi)
Il dibattito che dal libro bianco di Cresson[1] in avanti ha focalizzato il mondo dell’istruzione tra sostenitori e detrattori dell’approccio per competenze, ha presto portato a considerare il tema della valutazione e certificazione delle competenze come la chiave di volta per garantire l’efficacia formativa dello stesso sistema di istruzione. Quando, dagli anni ’90 in poi, infatti, gli studi sul tema hanno evidenziato che i percorsi di formazione finalizzati alla trasmissione di conoscenze erano ormai inadeguati a rendere gli individui autonomi e capaci di collocarsi efficacemente e permanentemente in un mondo in continua e rapida evoluzione e, per questo, dalle conoscenze instabili e mutevoli, la questione delle competenze è entrata prepotentemente nel dibattito pedagogico. Quanto affermato nel libro bianco del ’95 era talmente nuovo e lungimirante, da porre l’accento sulla necessità di convalidare e rendere riconoscibili, attraverso una certificazione, le competenze maturate anche in ambiti non formali[2], questioni che oggi, nel nostro Paese, sembrano finalmente avere trovato una sistematizzazione coerente e chiara.
Le influenze europee nel dibattito sulle competenze
In tutti i Paesi europei si è cercato, nel tempo, di identificare quelle competenze chiave in grado di sostenere la crescita e la competitività delle popolazioni, oltre agli approcci metodologici migliori per riuscire ad acquisirle, valutarle e certificarle. Per questo motivo si è messo in atto un processo europeo attraverso cui confrontare e diffondere metodi e pratiche di insegnamento, anche grazie alla condivisione di definizioni, principi e fondamenti pedagogici, indispensabili per comparare ipotesi e soluzioni.
In Italia con la stagione dell’autonomia[3] l’esigenza di modificare il modello scolastico, da sempre fondato sul riconoscimento del valore della conoscenza, intesa come sinonimo di cultura alta e per questo di per sé qualificante, ha portato allo sviluppo di un rinnovato modello scolastico, in grado di stimolare negli alunni l’acquisizione di competenze spendibili per la prosecuzione degli studi o per la successiva collocazione lavorativa e sociale.
Perché certificare
Condividere il modello per certificare vuole dire condividere i parametri di riferimento e i descrittori dei livelli raggiunti, arrivando a definizioni univoche e valide al di là dei contesti territoriali di appartenenza. Non dobbiamo, inoltre, dimenticare che in un mondo globalizzato come l’attuale, è innegabile l’esigenza di riconoscibilità e, quindi, di spendibilità dei livelli di competenze acquisiti per muoversi in un territorio più ampio rispetto a quello di appartenenza.
In Italia, dove inizialmente la ricerca si è concentrata sulla funzione strategica delle competenze per l’inserimento lavorativo dei giovani, con una chiara attenzione al cittadino produttore e consumatore prima che alla persona, la competenza inizialmente era considerata il patrimonio complessivo di risorse di un individuo nel momento in cui affronta una prestazione lavorativa o il suo percorso professionale[4]. Con la Riforma Berlinguer ed il riconoscimento dell’autonomia alle istituzioni scolastiche, la riflessione sul concetto di competenza inizia, invece, ad essere approfondita docimologicamente in ambito formativo e si traduce nel sapere agito, cioè quella specifica capacità di mobilitare le conoscenze apprese e le abilità dimostrate per raggiungere un obiettivo atteso risolvendo una specifica situazione problematica.
La certificazione delle competenze nella scuola italiana
Ed è proprio nel Regolamento dell’autonomia scolastica[5] che si introdusse la necessità di modelli per le certificazioni, da adottare con decreto del Ministro dell’allora Pubblica istruzione, per indicare le conoscenze, le competenze, le capacità acquisite e i crediti formativi riconoscibili. Un’urgenza che la Riforma Moratti del 2003[6] sollecitò ulteriormente, poiché affidava esplicitamente ai docenti, oltre alla valutazione degli apprendimenti e del comportamento degli studenti, la certificazione delle competenze acquisite al termine del ciclo di istruzione frequentato. Hanno fatto seguito, poi, specifici interventi normativi finalizzati a stimolare processi certificativi in tutti gli ambiti di apprendimento formali.
Tutto il primo ciclo adotterà successivamente, con il D.lgs. 62/2017 e con il DM 742 dello stesso anno, un modello nazionale di certificazione delle competenze, costruito rispetto alle otto competenze chiave per l’apprendimento permanente individuate dalla Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006.
Nel secondo ciclo, invece, dove già era previsto il rilascio di una certificazione al momento del superamento dell’esame di Stato[7], il Ministro Fioroni ridisegnò il profilo della certificazione al momento dell’assolvimento dell’obbligo di istruzione[8]. Tale certificazione, rilasciata a domanda terminato il primo biennio del secondo ciclo o d’ufficio per chi aveva compiuto il diciottesimo anno di età, era riferita a quattro assi culturali, dei linguaggi, matematico, scientifico–tecnologico, storico-sociale, considerati il tessuto per fornire ai giovani gli strumenti funzionali all’inserimento nella vita adulta e la base per consolidare e accrescere saperi e competenze in un processo di apprendimento permanente, anche ai fini della futura vita lavorativa.
Una discontinuità durata troppo tempo
Dalla breve sintesi fino a qui realizzata, è evidente che il percorso della certificazione delle competenze nel nostro Paese è stato caratterizzato da approcci e modelli differenti, che non hanno favorito né la continuità verticale tra i due cicli di istruzione né la trasparenza comunicativa con alunni e famiglie su cosa sarebbe stato oggetto di certificazione e su come quest’ultima sarebbe stata formalizzata.
Nel primo ciclo, inoltre, tutto il processo che poi ha portato all’introduzione del modello di certificazione nazionale è stato preceduto da un’ampia e lunga sperimentazione partita nell’anno scolastico 2014/2015 e che, comunque, era stato preceduto dall’elaborazione dei rispettivi modelli di certificazione (nella scuola primaria e nella secondaria di primo grado) che la Riforma del 2003 ed il D.lgs. 59/2004 (art. 8, c. 1 e art. 11, c. 2) avevano rimesso alle singole scuole in attesa della modulistica nazionale.
Il modello nazionale adottato con il D.M. 742/2017, grazie alla riflessione pedagogica del Comitato scientifico nazionale per le Indicazioni 2012, ha rispettato fedelmente gli esiti della sperimentazione, valorizzando l’apporto del mondo scolastico.
Tutto questo è mancato nel secondo ciclo di istruzione, in cui coesistono differenti approcci e differenti modelli, a seconda se ci si riferisca all’obbligo d’istruzione o al termine del percorso del secondo ciclo, in cui con il DM 6 agosto 2020, n. 88, insieme ai modelli di diploma, è stato adottano il Curriculum dello studente. E tutto ciò tralasciando gli interventi relativi alla certificazione nell’ambito della formazione professionale e dell’apprendistato, dell’Alternanza scuola lavoro (oggi Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento) e nei percorsi di istruzione degli adulti.
Dalla Riforma per l’orientamento alla necessità di armonizzazione
A rendere improcrastinabile la necessità di un raccordo tra i cicli e, prima ancora, di una maggiore armonizzazione dei modelli in uso nel secondo ciclo, ci ha pensato la riforma 1.4 “Riforma del sistema di orientamento”, nell’ambito della Missione 4 – Componente 1 – del Piano nazionale di ripresa e resilienza, finanziato dall’Unione europea – Next Generation EU.
Le Linee guida per l’orientamento, infatti, adottate con il DM 22 dicembre 2022, n. 328, hanno previsto espressamente che “(…) saranno raccordati i molteplici modelli di certificazione oggi in uso, in relazione alle competenze chiave per l’apprendimento permanente”. La finalità è quella di assicurare, a partire dall’anno scolastico 2023-2024, i passaggi fra i percorsi di studio del sistema nazionale di istruzione e i percorsi dell’istruzione e formazione professionale (IeFP) regionali o l’apprendistato formativo, attivando interventi di riorientamento. Inoltre viene previsto il graduale rilascio, a richiesta, della certificazione delle competenze anche al termine di ciascuna annualità del secondo ciclo di istruzione.
Ed è proprio partendo dalla necessità di raccordare tra loro i vari modelli di certificazione delle competenze rilasciati dal sistema educativo di istruzione e formazione nazionale che con il DM 30 gennaio 2024, n. 14 sono stati adottati, a livello nazionale, i modelli di certificazione delle competenze delle istituzioni scolastiche statali e paritarie del primo e del secondo ciclo di istruzione e dei Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti (CPIA). Per garantire tale raccordo, inoltre, tutti i modelli fanno riferimento alla Raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea del 22 maggio 2018 relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente.
Tempi e modalità di rilascio della certificazione
Il decreto fissa quando e come viene redatta e rilasciata la certificazione, come da schema seguente.
QUANDO | REDAZIONE | CONSEGNA |
---|---|---|
Al termine della classe quinta di scuola primaria | In sede di scrutinio finale dai docenti di classe | Consegnata alla famiglia e, in copia, all’istituzione scolastica del grado successivo |
Al termine del primo ciclo di istruzione agli studenti che superano l’esame di Stato | In sede di scrutinio finale dal consiglio di classe | Messa a disposizione sia della famiglia degli studenti che superano l’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione sia dell’istituzione scolastica o formativa del ciclo successivo all’interno dell’E-Portfolio orientativo personale delle competenze di cui al decreto ministeriale 22 dicembre 2022, n. 328 |
In assolvimento dell’obbligo di istruzione | In sede di scrutinio finale del secondo anno della scuola secondaria di secondo grado dal consiglio di classe per ogni studente che ha assolto l’obbligo di istruzione della durata di dieci anni | Messa a disposizione della famiglia dello studente all’interno dell’E-Portfolio orientativo personale delle competenze di cui al decreto ministeriale 22 dicembre 2022, n. 328 (a richiesta anche al termine del primo anno con le stesse modalità) |
Al superamento dell’esame di Stato conclusivo dei percorsi di istruzione di primo livello primo periodo didattico | In sede di scrutinio finale dai docenti del gruppo di livello facenti parte del Consiglio di classe | Consegnata all’adulto o, nel caso di utenti minorenni, alla famiglia |
In uscita dal percorso di istruzione degli adulti di primo livello secondo periodo didattico | In sede di scrutinio finale dai docenti del gruppo di livello facenti parte del Consiglio di classe | Consegnata all’adulto |
Indicazioni del DM 14/2024 per casi specifici
Nel primo ciclo viene confermata, come era prevedibile ed auspicabile, l’impostazione dei modelli già in uso, opportunamente aggiornati con riferimento alle competenze chiave per l’apprendimento permanente indicate dalla Raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea del 22 maggio 2018. Parimenti viene confermato che per gli studenti con disabilità, certificata ai sensi della legge n. 104/1992, il modello nazionale può essere, se necessario, accompagnato da una nota esplicativa che rapporti il significato degli enunciati relativi alle competenze agli obiettivi specifici del piano educativo individualizzato.
Anche la certificazione rilasciata in assolvimento dell’obbligo di istruzione per gli studenti con disabilità può essere prevista la medesima nota esplicativa. Inoltre, le strutture formative accreditate dalle Regioni e gli istituti professionali che realizzano i percorsi di istruzione e formazione professionale finalizzati all’assolvimento dell’obbligo di istruzione integreranno il modello nazionale con ulteriori declinazioni in rapporto alle specificità dei propri sistemi e alle esigenze territoriali sulla base delle linee guida che saranno adottate dalle Regioni.
Nei percorsi di istruzione degli adulti, inoltre, gli specifici modelli allegati al DM tengono conto, nell’intestazione e nella descrizione analitica delle competenze, della specificità del segmento di istruzione.
Stante la riforma in atto degli istituti tecnici e professionali, nell’a.s. 2023/2024 viene avviata un’introduzione sperimentale graduale, con il coinvolgimento di reti di scuole, di un modello di certificazione per il secondo biennio del secondo ciclo e l’ultimo anno, da affinare e regolare prima dell’adozione di uno specifico modello nazionale.
Restano, infine, salvaguardate le specifiche competenze delle Regioni a statuto speciale, delle Province autonome e delle scuole con lingua di insegnamento slovena e bilingue sloveno-italiano, di prevedere adattamenti ai modelli di certificazione delle competenze.
Non resta, quindi, che aspettare le linee guida che il Ministero emanerà per orientare le istituzioni scolastiche nelle procedure di rilascio dei nuovi modelli.
[1] Insegnare e apprendere. Verso la società della conoscenza, Edith Cresson, Commissione Europea, Bruxelles 1995. L’obiettivo dichiarato era quello di risolvere il dramma della disoccupazione e garantire all’Europa la sopravvivenza del modello sociale europeo, minacciato dalla globalizzazione e dalla competitività internazionale, puntando sulla conoscenza.
[2] “La questione dei processi di certificazione, convalida e riconoscimento delle competenze acquisite, in particolare di quelle acquisite in situazione di lavoro, si trova al centro di dibattiti in numerosi Stati membri, poiché i processi tradizionali si rivelano spesso troppo formali e rigidi.”, E. Cresson, op. cit.
[3] Art. 21 della Legge 59/97 e successivo DPR 275/99.
[4] Unità capitalizzabili e crediti formativi. Metodologie e strumenti di lavoro, G. Di Francesco (a cura di), ISFOL, Franco Angeli, Milano 1998.
[5] Art. 10 del DPR 8 marzo 1999, n. 275.
[6] Legge 53/03, che all’articolo 2, lettera i), ad esempio, assicurava agli studenti la possibilità di cambiare indirizzo all’interno del sistema dei licei, nonché di passare dal sistema dei licei al sistema dell’istruzione e della formazione professionale e viceversa, con la possibilità di avere certificati i crediti maturati perché potessero valere sia nella prosecuzione degli studi che nella loro ripresa, in casi di interruzione. Analogamente lo stesso articolo indicava la necessità di certificare, nel secondo ciclo, le eventuali esercitazioni pratiche, le esperienze formative e gli stage realizzati in Italia o all’estero da parte delle istituzioni scolastiche e formative. Il successivo articolo 4, lettera c), inoltre, delegava il Governo ad emanare entro il 2005 un apposito decreto legislativo che indicasse le modalità di certificazione del tirocinio e di valutazione dei crediti formativi acquisiti dallo studente nelle attività di alternanza scuola-lavoro (oggi PCTO).
[7] Art. 13 del Decreto del Presidente della Repubblica 23 luglio 1998, n. 323 Regolamento recante disciplina degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore, a norma dell’articolo 1 della legge 10 dicembre 1997, n. 425.
[8] Decreto Ministeriale 22 agosto 2007, n. 139 Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione e relativi allegati (Documento tecnico, Gli assi culturali, Competenze chiave di cittadinanza).