di Elisabetta Patruno

A vent’anni dal DPR n. 275/1999, che disciplina l’autonomia scolastica, è tempo di fare il punto sul processo avviato dai ministri Berlinguer e Bassanini, passando per le riforme Moratti e Gelmini fino alla cosiddetta “Buona Scuola”. Quell’impianto mutava profondamente il quadro, facendo delle scuole non più semplici erogatrici di un servizio definito e governato dal centro, bensì protagoniste attive, chiamate a darsi un’identità e costruire una proposta formativa originale, legata alle esigenze delle famiglie, dei territori, dei tessuti economici e sociali.

 Si trattava di un’azione culturale, che partiva da un’idea rinnovata di scuola, intesa come spazio aperto per l’apprendimento e come piattaforma che metteva gli studenti nelle condizioni di sviluppare le competenze per la vita. Gli obiettivi non cambiavano rispetto a quelli europei: le competenze degli studenti, i loro apprendimenti, i loro risultati, e l’impatto che avrebbero avuto nella società come individui, cittadini e professionisti.

 La sfida era affidata ai nuovo dirigenti scolastici che nella scuola dell’autonomia, per poter assumere il ruolo di leader, dovevano essere animatori e guida compartecipe corresponsabile del processo messo in atto. I dirigenti dovevano imparare a motivare, creare gioco di squadra, gestire e migliorare la prestazione, dare feedback, sviluppare la professionalità propria e dei docenti, stimolare l’innovazione e la creatività, comportarsi in modo coerente, riconoscere i meriti, favorire relazioni interpersonali soddisfacenti.

La specificità di questo ruolo veniva affidata, dalla norma, alla capacità dirigenziale di gestire efficacemente il processo di autonomia funzionale, raccordandolo con la pluralità delle relazioni istituzionali nel rispetto delle norme vigenti. Il ruolo del dirigente scolastico, alla luce degli studi del settore, non è definito in un unico modello che possa rispondere alla diverse modalità organizzative ma l’indicazione di pluralità di modelli suggeriti, permette la versatilità dell’azione dirigenziale sull’organizzazione complessa per il raggiungimento dei traguardi istituzionali. 

Le teorie sulla leadership focalizzano l’attenzione sulla capacità che un dirigente scolastico deve avere che è quella di essere un leader motivante, innovativo, trasformazionale che crea intorno a sé un clima di credibilità, affidabilità e fiducia. In questa dimensione relazionale si costruisce il processo delle relazioni umane, un processo che necessita di competenza, coerenza, ascolto, unità e chiarezza. 

Secondo Goleman ( intelligenza emotiva = caratteristica del leader) la leadership è colui che crea “follower”, cioè nuovi leader, capaci di contribuire, di migliorare la qualità dell’organizzazioni istituzionali. Proprio in virtù di questa responsabilità, il Dirigente Scolastico deve dotarsi di strumenti di gestione ben definiti, secondo quanto stabilito nel DPR 275/99, utili agli scopi ai quali sono destinati.

Questo strumento di gestione, afferente al potere di coordinamento e direzione proprio della dirigenza, tiene conto della mappa dei poteri, delle diverse responsabilità, della necessità di distribuire compiti e delegare funzioni, ma anche e soprattutto dei finanziamenti dati alle scuole per esercitare quell’autonomia funzionale, riconosciuta dalla norma.

Attraverso un sondaggio rivolto ai Dirigenti scolastici (https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLSfTSq_NnYlrSu6gO5n0xsjjD1KrpitLwl_qQZPoA9NXUl8GwQ/viewform),   si è cercato di riflettere sull’Autonomia funzionale e se essa si è realizzata compiutamente, in un’ottica di pluralismo, sussidiarietà ed equità. Ciò che emerge dalla lettura dei dati è quanto segue:

  • che la logica reticolare del DPR 275/99 ha permeato il rinnovamento del sistema scolastico e lo ha portato verso un sistema integrato, partecipato e stabile (66,7%) e aperto, policentrico e multi-relazionale (33,3%);
  • che l’adesione formale a reti di scuole o a consorzi ha agevolato l’Autonomia di ricerca-azione (66,7%) e l’Autonomia negoziale (33,3%);
  • che l’Autonomia scolastica, intesa come realizzazione di un sistema di qualità, ha incontrato, in questi anni, soprattutto difficoltà economiche;
  • che le misure legislative e regolamentari dirette ad accorciare la filiera dei finanziamenti statali alle scuole e a flessibilizzare la gestione finanziaria attenuando i vincoli di destinazione delle risorse vanno assunte come segnali di un processo di controllo verso uno stesso modello di gestione economico-finanziaria delle Scuole dell’Autonomia (66,7%)  e verso un processo di transizione di un diverso modello di gestione economico-finanziaria delle Scuole dell’Autonomia (33,3%);
  • che la padronanza effettiva sulle risorse economiche, sul lavoro e sullo sviluppo organizzativo si sta flessibilizzando sulle risorse economiche (33,3%), e su un campo di applicazione potenziale assai ampio dello sviluppo organizzativo(33,3%).

Inoltre i Dirigenti scolastici che hanno risposto alla compilazione del questionario, indicano alcuni punti di criticità oltre a quelli economici (frazionamento dei canali di finanziamento, dal centro alla periferia, che comporta la segmentazione dei vincoli d’uso delle risorse economiche), che hanno compromesso l’effettiva realizzazione in questi 20 anni dell’Autonomia scolastica.

Per esempio in riferimento al raggiungimento degli obiettivi previsti nel PTOF e alla corretta gestione amministrativo-contabile, un punto di criticità evidenziato è il rapporto integrato con il DSGA che spesso resiste ad  adeguarsi alle norme e alla logica dell’autonomia scolastica e che la contraddizione dell’Autonomia scolastica sia che da un lato le istituzioni autonome sono viste e regolamentate come se fossero filiali del Ministero, dall’altro invece si assegna loro la funzione di produttori finali del servizio d’Istruzione in prossimità con i cittadini. (d’accordo il 66,7%, molto d’accordo il 33.,3%).

In riferimento invece alla natura funzionale o sociale dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, viene evidenziato che la sua attuazione  si sia parzialmente realizzata e rischia di diventare autoreferenziale. In questa dimensione di autorefenzialità, le principali ragioni, che hanno messo un freno all’Autonomia scolastica, in campo educativo sono state resistenza all’innovazione, indisponibilità di strumenti di realizzazione dell’offerta formativa e ancoraggio al vecchio sistema.

Avendo come fine ultimo la creazione dell’individuo globale, de-referenzializzato, de-costituzionalizzato, de-contrattualizzato, de-localizzato, vengono indicate le “istruzioni per l’uso” da dare ai docenti del terzo millennio: quella di sempre apprezzare il proprio lavoro e appassionarsi, di creare un Umanesimo integrale, di perseguire la logica dello sviluppo globale della persona potenziando tutti gli aspetti peculiari di ognuno in un’ottica di consapevolezza culturale e civica nella dimensione sociale.

Per ultimo ma non meno importante è stato chiesto ai dirigenti scolastici di esprimere i punti di forza e di debolezza riscontrati nella propria carriera professionale  evidenziati in :

  • Ancora troppa burocrazia;
  • un buon rapporto con i servizi amministrativi (Forza); parte dei docenti ostili al cambiamento (Debolezza);
  • ricevere feedback positivi rispetto alle azioni e alle scelte operate per il miglioramento di tutta la comunità scolastica (Forza); senso di solitudine nelle decisioni e incertezza relativamente alle linee ministeriali spesso non sufficientemente chiare e definite (Debolezza).

SUGGERIMENTI: COERENZA MA NON A TUTTI I COSTI!