di dott. Antonio Loperfido, psicologo e psicoterapeuta

E’ bastato un minuscolo virus, il Covid-19,  a mettere in ginocchio l’arroganza e la presunzione dell’uomo quando pensa di essere onnipotente o un Superman. Un minuscolo virus ha riportato l’uomo al suo posto, a dover riconoscere i propri limiti, la propria fragilità, il bisogno dell’altro. Tutti fermi o quasi, tutto bloccato, tutti a casa o quasi. Tutto chiuso, non si può uscire di casa, in quarantena, se non per necessità.

Un piccolo virus ha messo un  freno alla frenesia, alla fretta, all’impazienza, all’impellenza, alla sollecitudine, contrastando l’altro virus che aveva contagiato molti, quello del “Bianco coniglio” di Alice nel paese delle meraviglie. Come Alice, non potevamo perdere tempo, dovevamo fare tutto di fretta, eravamo sempre di corsa e con l’affanno per non arrivare in ritardo o per fare tante cose. Adulti e bambini sempre impegnati in diverse attività, fino allo stremo delle forze, non c’era tempo da perdere era il mantra ripetuto in ogni momento della vita. Oggi, all’ansia del fare si sostituisce l’ansia del cosa  sarà di noi , quasi tutti chiusi  in casa per quindici o più giorni. Come risponderemo al

nuovo mantra che ci viene ripetuto da tutti i media, state a casa.  Improvvisamente ci si trova davanti al tempo “vuoto”, ad una pausa esistenziale, al tempo libero che interroga l’uomo e lo pone di fronte a se stesso, alle domande che da sempre l’hanno interrogato, chi è, che cosa fa  e dove intende andare.. Domande esistenziali che, invece di accompagnarci lungo tutto l’arco dell’esistenza, riemergono prepotentemente da sole, con tutta la loro forza solo quando siamo in crisi, quando accade qualcosa di molto grave, una malattia, un lutto, la perdita del lavoro, che, apparentemente, ci lasciano  senza una luce di speranza. Le risposte a

queste domande ,come sempre è accaduto nella storia dell’umanità, anche questa volta farà trovare all’uomo saggio nuove direzioni. Come L’Araba Fenice, l’uccello mitologico che rinasce dalle proprie ceneri, anche l’uomo di oggi  rinascerà dagli effetti del Covid-19, non scoraggiandosi ma facendo leva sulla resilienza, ovvero sulle capacità sia interne che esterne capaci di far fronte ad ogni avversità della vita, riorganizzandola positivamente per se e per gli altri.

Tra non molto il Covid-19 verrà debellato, speriamo che ciascuno possa trovare un senso a quanto sta accadendo, un senso che possa dare dignità ad ogni essere umano inteso non come singolo ma come collettività.

Il Covid-19 ha messo ogni uomo nella condizione di chiedersi :”Io chi sono?

Cosa voglio fare della mia vita?”, domande che, fino a qualche giorno fa,  sembravano ridicole, inutili, banali, superate da una cultura che tutto vorrebbe ricondurre alla materia; che tutto vorrebbe spiegare con la scienza e dominare con la tecnica. Se lo scientismo ci ha voluto far credere che l’uomo è una macchina e che il computer e l’intelligenza artificiale lo può sostituire, un piccolo virus, il Covid-19, ci

ha riportati a vederci come esseri umani dotati di cuore e di spirito e non come robot fatti di contatti elettrici, meccanici e senza anima.