a cura del tiflologo Prof. De Matteis Giustino

Più e più volte mi sono soffermato a ribadire che non esiste assolutamente la cosiddetta “compensazione dei sensi”; è anche questo uno dei pregiudizi molto comuni che deve essere definitivamente sfatato, se si vuol comprendere le capacità e le potenzialità intellettive della persona priva della vista.

La tiflologia ha largamente dimostrato, infatti, che il non vedente non dispone assolutamente di poteri soprannaturali o paranormali; il miracolo, invece, lo compie  l’esercizio costante e faticoso, mediante il quale i “sensi residui” o “vicarianti” si sviluppano, si affinano e si potenziano. È l’esercizio incessante di una vita, quindi, a trasformare le grezze sensorialità iniziali in intelligenti e affidate capacità di orientamento e di autonomia personale.

E se il primo impegno – e forse anche quello più impegnativo – attiene alla famiglia, quello successivo, quello dell’inclusione degli alunni privi della vista nella scuola di tutti, appartiene alla generalità degli operatori scolastici, nessuno escluso. E non si tratta soltanto di insegnare al bambino – ammesso che ciò accada – “a leggere, a scrivere e a far di conto”, ma di porlo nelle condizioni migliori perché sviluppi le sue potenzialità senso-motorie ed educhi correttamente sia il suo imprescindibile processo percettivo, sia l’attività socio-affettiva-relazionale. Tale impegno non può essere sottovalutato, poiché esso costituisce il sentimento e la consapevolezza di appartenere ad una realtà che non si riduce soltanto al contatto fisico con gli oggetti, ma anche il normale e costante rapporto con coetanei e persone adulte.

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