di Elisabetta Patruno

E’ importante riflettere sull’ approccio culturale alla medicina, al paziente, alle sue emozioni? Medicina tradizionale, progresso scientifico e tradizioni culturali possono convivere?  Quali strumenti possono essere utilizzati per dare una risposta alla sofferenza, alla morte? E’ accertabile il fatto che se si stabilisce un rapporto empatico tra medico e paziente, quest’ultimo ha la sensazione di stare meglio e in alcuni casi di guarire? Esiste una relazione o una correlazione tra credenza popolare e scienza? Cosa può aiutare a guarire un paziente? Molteplici le risposte date dalle credenze popolari, dalla medicina tradizionale, dal progresso scientifico . Tra quelle che più coinvolgono il mio interesse  è la narrazione della malattia di J. Good Byron.

“Narrare la malattia”, a mio avviso può diventare uno strumento , in un approccio antropologico tra medico e paziente, necessario per sondare, capire l’origine del malessere, per dare senso alle proprie azioni, al proprio soffrire. Nella sociologia medica si può passare da una dimensione biologica al vissuto soggettivo utilizzando la narrazione per dare significato al sopravvenire della malattia, che viene vista come un corpo estraneo, un intruso che minaccia la sanità della propria persona. Per il malato la malattia è vissuta come presente nel corpo e il corpo NON è un oggetto fisico o uno stato fisiologico, è una parte essenziale di sé , per questo il dolore diventa cronico e porta ad avere una visione distruttiva del mondo. Lo sforzo che l’approccio culturale alla malattia deve tentare è quello di cercare di portare il malato a voler ricostruire il mondo, a non maturare in sé l’idea della nullità della vita umana. Deve aiutare l’uomo cioè a  venire a capo dei disturbi e delle paure, a credere nelle cose giuste per risolvere i problemi biologici. La narrazione della malattia mette in luce che essa non è solo un danno biologico, ma è una “frattura drammatica in una storia esistenziale”. La malattia ha una sua struttura narrativa, in cui le trame, gli intrecci  esistenziali sono costituiti dalla società, dalla storia, dalla cultura del paziente. Rispettare la sofferenza, la paura della morte significa dire che la malattia è difficile da comprendere, costituisce qualcosa di segreto, di nascosto. Per questo motivo un altro aspetto interessante nel campo della cura delle malattie, è come le società tribali o tradizionali si accostano alla diagnosi e alla cura del corpo e della mente secondo modalità differenti da quelle in uso nella medicina occidentale. E’ utile all’uomo secondo queste credenze, credere in aspetti mistici che spiegano il dolore e la sofferenza. In ultima analisi rivestire di spiritualità un fenomeno naturale e biologico (Wilfred Smith) aiuta a vivere, a sperare e a sentirsi parte di una comunità che condivide le stesse credenze e sperimenta analoghe esperienze.